Maurizio Costanzo: "Totò Riina? Voglio vederlo morire in carcere" Maurizio Costanzo: "Totò Riina? Voglio vederlo morire in carcere"

Maurizio Costanzo: “Totò Riina? Voglio vederlo morire in carcere”

Maurizio Costanzo: "Totò Riina? Voglio vederlo morire in carcere"
Maurizio Costanzo: “Totò Riina? Voglio vederlo morire in carcere”

ROMA – “Voglio vedere Totò Riina morire in carcere”. Maurizio Costanzo ha commentato così la decisione della Cassazione di far uscire il boss dalla prigione per consentirgli una morte “dignitosa”. Costanzo, che nel 1993 fu vittima di un attentato mafioso dietro al quale c’era proprio Riina e da cui si salvò per miracolo, sostiene che il boss ha provocato troppo dolore per meritare una fine dignitosa e sottolinea che non c’è stata dignità nella morte di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, uccisi proprio dalla mafia.

Intervistato da Stefano Zurlo per il quotidiano Il Giornale, Maurizio Costanzo parla della decisione della Cassazione e definisce la decisione dei giudici come “la più assurda del 2017” e che Bernardo Provenzano è morto il carcere menre era sotto 41 bis:

“È giusto essere così duri con i vecchi boss ormai malati?

«Per me Riina può morire tranquillamente in carcere. Mi dispiace, ma io non riesco ad avere nemmeno un briciolo di pietà».

Forse perché lei è stato toccato sul piano personale?

«Forse perché questo signore e i suoi sgherri hanno provocato troppo dolore, troppe morti, troppo di tutto».

Costanzo, insisto, lei ha un conto aperto con Riina.

«Magistrati e avvocati mi hanno raccontato come si sviluppò la trama. Io avevo bruciato davanti alle telecamere una maglietta di Cosa nostra. Riina vide e commentò: Questo Costanzo mi ha rotto i c… Quella fu la mia condanna a morte. Se l’attentato avesse avuto successo, chi l’avrebbe spiegato ai miei figli?»”.

 

Costanzo era in auto con Maria De Filippi, ma per una esitazione del killer che doveva farlo esplodere è ancora vivo e questo l’ha segnato. E aggiunge:

“Un attimo. Lo Stato non può fermarsi alle sensazioni e alle emozioni. Buttare la chiave della cella potrebbe essere un gesto di debolezza più che di coraggio.

«Se è così, viva la debolezza delle istituzioni. Lo Stato deve ascoltare anzitutto i parenti delle vittime che soffrono ancora».

Voltare pagina?

«Io ho ancora nelle narici l’odore della polvere da sparo al mio arrivo in via d’Amelio il giorno dopo la morte di Borsellino. E ripenso all’accoglienza che io, Santoro e Biagi ricevemmo in Sicilia la sera stessa in cui a pochi chilometri di distanza era stato massacrato Giovanni Falcone. Quell’applauso mi fa ancora venire i brividi. E lo porto sempre con me»”.

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