Pietro Maso da Maurizio Costanzo, critiche: "E' un assassino. Non può stare in tv" Pietro Maso da Maurizio Costanzo, critiche: "E' un assassino. Non può stare in tv"

Pietro Maso ammazzò i genitori, piange da Maurizio Costanzo. Critiche sul web

Pietro Maso da Maurizio Costanzo, critiche: "E' un assassino. Non può stare in tv"
Pietro Maso da Maurizio Costanzo, critiche: “E’ un assassino. Non può stare in tv”

ROMA – Giovedì sera su Canale 5 andrà in onda l’intervista a Pietro Maso realizzata da Maurizio Costanzo. Una breve anteprima è stata postata sulla pagina Facebook del conduttore. Rivolta sul web: “Boicottiamoli”.

“Io cambio canale! Un essere del genere non merita nulla! Che si fa pur di fare audience!”, “Cosa c’è da capire e da approfondire nell’intervistare un assassino? A chi interessa?”. E ancora: “Per l’audience si invita un pluriomicida che a mio avviso dovrebbe marcire in galera tutta la vita… Ed è anche un onore perché le carceri italiane sono alberghi…”.

Qualcuno però difende la scelta di intervistarlo: “Seguirò sicuramente perché l’intervista mi incuriosisce,d’altra parte, non mi aspetto nulla di diverso se non il racconto di un uomo che sicuramente essendo cresciuto e maturato si pente dell’errore fatto! Ma sono state uccise due persone, per quanto chi guarda può comprendere il suo stato d’animo, non si riuscirà mai a guardarlo con occhi diversi da quello che in realtà è ( è stato): un assassino!”. E infine: “È stato intercettato mentre diceva che voleva finire il lavoro iniziato anni fa. Cioè uccidere le sorelle, seguirò l’intervista con interesse per sentire cosa ha da dire”.

Pietro Maso è il protagonista reo confesso di uno dei più clamorosi casi di omicidio a sfondo familiare della cronaca italiana. Aiutato da tre amici, il 17 aprile 1991 nella sua casa di Montecchia di Crosara uccise entrambi i suoi genitori, Antonio Maso e Mariarosa Tessari. La motivazione era intascare subito la sua parte di eredità.

Arrestato il 19 aprile 1991, è stato condannato definitivamente a trent’anni di carcere, con il riconoscimento della seminfermità mentale al momento del fatto. Dopo averne trascorsi ventidue, è stato rimesso in libertà, per poi essere ricoverato in clinica psichiatrica dal marzo 2016. Ai suoi complici, Giorgio Carbognin e Paolo Cavazza, è stata inflitta una pena di ventisei anni, mentre al minorenne Damiano Burato tredici.

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