Rai, Lorenza Lei: “Cambio la clausola di maternità”

Pubblicato il 21 Febbraio 2012 - 12:32 OLTRE 6 MESI FA

ROMA – Il direttore generale della Rai Lorenza Lei ”non ha alcuna difficoltà a togliere” la contestata clausola sulla maternità ”dai contratti, per una diversa formulazione che non urti la suscettibilità, fatta salva la normativa vigente che non e’ nella disponibilita’ della Rai poter cambiare”. Lo rende noto l’azienda.

In una lunga nota la Rai e’ tornata sulla vicenda della tutela della maternita’ nei contratti dei consulenti esperti dei programmi delle reti Rai, vicenda sulla quale – sostiene – ”nonostante i chiarimenti gia’ forniti nella giornata di ieri, la confusione regna sovrana, al punto da far dubitare che tutti coloro che ne parlano o ne scrivono siano animati da assoluta buona fede”.

L’Azienda, dunque, precisa quanto segue.  1)I cosiddetti precari della Rai sono i collaboratori legati all’Azienda da contratti di lavoro subordinato a tempo determinato e godono, tutti, delle tutele previste dallo Statuto dei Lavoratori, quelle riferite alla maternita’ incluse. Al riguardo, giusto per evidenziare l’atteggiamento della Rai nei confronti del precariato, val la pena di aggiungere che la Rai e’ stata se non la prima, tra le prime aziende ad assicurare stabilita’ ai precari, garantendo loro un numero di mesi minimo di lavoro all’anno, nonche’ l’assunzione a tempo indeterminato al maturare di determinati requisiti temporali. Questo ben da prima che intervenisse una legge dello Stato a regolare la materia, e, inoltre, addirittura riconoscendo i periodi di assenza per maternita’ come periodi lavorati validi ai fini della maturazione dei requisiti per il diritto alla garanzia di impegno.

2)Vi sono, poi, i lavoratori autonomi, che, invece, non godono delle tutele previste dallo Statuto dei Lavoratori, evidentemente per la scelta del legislatore – e non certo della Rai – di regolare in modo diverso le due tipologie contrattuali.

3)I contratti di lavoro autonomo hanno – da sempre – previsto clausole che regolano la impossibilita’ di proseguire il rapporto, sia per causa del lavoratore che per causa dell’Azienda, con previsione, solo per quest’ultima, di una somma risarcitoria da versare al collaboratore in caso di recesso anticipato.  4)L’esplicitazione delle cause di impossibilita’ a proseguire il rapporto risale ormai a quasi 10 anni fa, comprende anche malattia, infortunio e cause di forza maggiore e non fa che declinare cio’ che, in precedenza, era previsto senza specificazione delle singole ipotesi.

5)Ne’ prima della introduzione delle cause di impossibilita’, ne’ da quando esse sono state inserite, nessuno mai ha avuto nulla da eccepire, ne’ in fase negoziale, ne’ in fase di perfezionamento del contratto, ne’ in eventuali momenti di successive contestazioni, che, pure, come immaginabile, vi sono state, anche a livello giudiziario, ma mai e poi mai hanno riguardato la tutela della maternita’. Al riguardo, e’ il caso di sottolineare che tale universale accettazione della clausola non ha riguardato solo i collaboratori o i contratti di lieve entita’. Da cio’ potrebbe legittimamente ritenersi che sia avvenuto per la debolezza della posizione del collaboratore autonomo rispetto alla Rai. Al contrario, la condivisione sulla correttezza della clausola non e’ mai stata messa in discussione dai migliori agenti, procuratori e avvocati che assai spesso rappresentano i collaboratori autonomi che poi firmano i contratti. Parimenti, tale condivisione ha riguardato, indistintamente tutti i contratti, tanto quelli di basso livello retributivo, quanto quelli piu’ ricchi. Quanto precede, e’ avvenuto, sostanzialmente per due ordini di ragioni: a) non vi e’ nulla di illegittimo – come erroneamente da molti affermato – nella clausola in esame; b) nella sostanza, come la Rai ha gia’ avuto modo di evidenziare, nessun contratto e’ stato mai risolto (parlare di licenziamento e’ del tutto improprio) a causa di una gravidanza. Al contrario, la Rai ha sempre favorito le collaboratrici in gravidanza, ben al di la’ dei meri obblighi di legge, in particolare, evitando di risolvere i contratti e, cosi’, penalizzarle economicamente, determinando le condizioni affinche’ esse potessero rendere la loro prestazione in modo compatibile con la loro condizione e, in ogni caso, il contratto in corso potesse essere fino in fondo onorato. Inoltre, l’Azienda, ha sempre riaccolto le lavoratrici madri dopo la maternita’, individuando per loro nuove possibilita’ di lavoro.  Di quanto precede – e’ scritto nel comunicato aziendale – non sara’ difficile trovare molte testimonianze, sia sotto il profilo giuridico, sia sotto l’aspetto della gestione concreta dei contratti, per tutti gli operatori dell’informazione che saranno interessati ad accertarlo.

Il caso è scoppiato nel pomeriggio del 20 febbraio su segnalazione dell’associazione “errori di stampa” secondo cui al punto 10 del contratto Rai per i precari c’è una “clausola di maternità” secondo cui l’azienda si riserva di poter licenziare chi rimane incinta. L’associazione riportava anche le parole dell’articolo 10 del contratto di consulenza che “nel caso di sua malattia, infortunio, gravidanza, causa di forza maggiore o altre cause di impedimento insorte durante l’esecuzione del contratto, Ella dovrà darcene tempestiva comunicazione. Resta inteso che, qualora per tali fatti Ella non adempia alle prestazioni convenute, fermo restando il diritto della Rai di utilizzare le prestazioni già acquisite, le saranno dedotti i compensi relativi alle prestazioni non effettuate. Comunque, ove i fatti richiamati impedissero a nostro parere, il regolare e continuativo adempimento delle obbligazioni convenute nella presente, quest’ultima potrà essere da noi risoluta di diritto, senza alcun compenso o indennizzo a suo favore”.