ROMA – La Rai non si vende, né tantomeno si svende. Lo dicono all’unisono due che non ti aspetti: lo afferma il viceministro per lo Sviluppo economico Antonio Catricalà, in audizione alla Commissione Cultura della Camera, lo ribadisce il presidente della Commissione Vigilanza, Roberto Fico (M5S), in conferenza stampa. E al momento non è in discussione neppure lo stop alla concessione del servizio pubblico radiotelevisivo, in scadenza nel 2016.
”Sono due le scadenze da affrontare – ha spiegato Catricalà – la prima è quella del contratto di servizio, che è già avvenuta e su cui stiamo lavorando. Poi a maggio 2016 sarà la volta della concessione. Cosa accadrà dopo, lo deciderà chi sarà in Parlamento e al Governo in quel momento. Noi però abbiamo il dovere di preparare il terreno e predisporre fin da ora le carte per quel momento”.
L’idea, spiega Catricalà, è quella di cogliere l’occasione del rinnovo del contratto di servizio, l’ultimo prima della scadenza della concessione, per avviare una mini consultazione, in un tempo limitato (”dateci un mese, anche per rendere il testo più chiaro e leggibile”) con le forze sociali, tra cui consumatori e sindacati, per accogliere valutazioni e variazioni. Un banco di prova in vista di una consultazione più ampia e coinvolgente, sulla falsariga del Royal Charter Act della Bbc, per stabilire cosa si debba intendere per servizio pubblico e quale sia il miglior sistema per svolgerlo.
”Nessuno vuole smantellare nulla, anzi vogliamo costruire. E non c’è un pericolo Grecia, né ora né mai. La Rai è un asset strategico per il Governo, al quale per ora non è arrivata nessuna ipotesi di vendita o di dismissioni. Da parte mia e del ministro Zanonato ci sono buoni propositi e buona volontà. Non è possibile che un titolo di giornale trasformi la buona volontà in un pasticcio, ma ci siamo abituati”, ha precisato riferendosi all’articolo pubblicato dal Fatto Quotidiano che ventilava l’ipotesi di uno smantellamento di viale Mazzini e dei dati diffusi ieri da Mediobanca, secondo cui dalla vendita dell’azienda si incasserebbero 2 miliardi, al netto dei debiti.
”In questo momento vendere la Rai significherebbe svenderla: e la Rai non si svende. E non si può vendere qualche canale Rai se prima non facciamo una legge seria su conflitto d’interessi e antitrust – ha rincarato la dose Fico -. Due miliardi: non è neanche la metà dei soldi che abbiamo programmato di spendere per gli F35: un’assurdita’. Andrei piuttosto a tagliare gli F35 e a finanziare la Rai”.
Il presidente della Vigilanza è d’accordo con Catricalà anche sull’apertura di un dibattito pubblico ”su cosa sia la Rai e come il Paese e i cittadini intendano il servizio pubblico”, non escludendo che il confronto possa culminare nella privatizzazione di una o più reti: ”Nel momento in cui una o due reti sono totalmente pubbliche, il canone puo’ essere piu’ basso, ma finanziare totalmente la tv pubblica. Poi possiamo pensare al resto, con la tv commerciale”.
Sul canone Catricalà aveva sottolineato l’importanza di recuperare ”la ormai insostenibile evasione”. Sul tema dei costi, è intervenuto anche il senatore di Scelta Civica Maurizio Rossi: ”In vista del rinnovo per 15 anni, con un impegno del valore di circa 35 miliardi di euro abbiamo il dovere di definire innanzitutto cosa si debba intendere per servizio pubblico, e quanto debba pesare sulle tasche dei cittadini, in termini di canone”. Per Michele Meta (Pd) ”la priorità per il servizio pubblico è la riforma dei meccanismi di governance”.
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