ROMA – Il tetto ai compensi Rai? Un “dibattito populista” degno dell’epoca in cui viviamo, quella della “post verità”. Così la presidente Rai, Monica Maggioni, in una lettera al Corriere della Sera invita ad abbassare i toni, auspicando “un approccio ragionevole e razionale alla questione”, visto che “in gioco è il futuro di una istituzione del nostro paese”.
“Stiamo assistendo – scrive Maggioni – a un dibattito che sconta una evidente deriva populista che rischia di minare il valore del Servizio pubblico“. “Il dibattito sulla Rai e sul tetto ai compensi degli artisti mi sembra inserirsi perfettamente nell’epoca della post verità. È stato detto di tutto e c’è stato persino qualche ardimentoso che si è spinto a sostenere che il Cda ha scelto di applicare il suddetto tetto. Invece in tutti questi mesi – sottolinea Maggioni – il Cda ha detto che una applicazione lineare di un tetto, imposto per legge, avrebbe comportato un indubbio danno all’azienda escludendola da qualsiasi dinamica di mercato”.
Nel Regno Unito, sottolinea la presidente Rai, “non si è mai ipotizzato di mettere un tetto alle retribuzioni dei talenti artistici” della Bbc, da sempre portata a modello eccellente di servizio pubblico.
“Il facile messaggio ‘li abbiamo puniti’ forse porta qualche manciata di voti, ma lascia solo macerie. Più difficile ma sensato è invece stabilire le regole del gioco di un Servizio pubblico che non sprechi risorse ma possa stare sul mercato”, scrive ancora Maggioni, secondo cui “la politica migliore deve riprendersi in mano una dimensione progettuale, anche sulla Rai. Oggi scendere nella pubblica arena e azzannare la Rai attrae il pubblico dei like. Eppure in quella violenza rischiano di restare impigliate centinaia e forse migliaia di posti di lavoro”.
“Non vorrei che questo gioco al massacro preveda nel gran finale la riduzione a irrilevanza dell’azienda in cui ho potuto fare il mestiere più bello del mondo, non parteciperò silente e commossa alle esequie”, afferma Maggioni.
“Se invece si vuole davvero riformare puntando a costruire, allora basta sapere dove e quando. Ma nessuna scorciatoia. Costruire significa avere il coraggio di dire che la qualità, anche in Italia, ha un valore. Che le scelte devono essere trasparenti e giustificabili. Che l’epoca dei privilegi è finita. Per tutti. E il resto arriva come conseguenza”.