Stefania Nobile, la figlia di Vanna Marchi: “Non sono innocente ma ho pagato le mie colpe”

Stefania Nobile e Vanna Marchi:
Stefania Nobile e Vanna Marchi:

ROMA – “Io non sono innocente, ma ho finito di pagare le miei colpe”. Queste le parole a “Domenica Live”, su Canale 5, di Stefania Nobile, la figlia di Vanna Marchi che ha da poche settimane finito di scontare la pena di 4 anni per associazione a delinquere e truffa.

“Pentita? No, io odio i pentiti perché per me il pentito è un collaboratore di giustizia che cerca, incolpando gli altri, di non pagare le proprie colpe”. Ed ha aggiunto: “Non ho chiesto né patteggiamento, né il rito abbreviato. Io ho affrontato il mio processo andando a tutte le udienze. Merito rispetto per aver scontato la pena”.

Dopo aver rivisto le immagini che hanno ripercorso il giorno della sentenza, la Nobile ha detto: “Sentire la sentenza mi fa ancora effetto, e mi sembra impossibile essere riuscita a mettere la parola fine. Sono a favore dell’amnistia, dell’indulto, ma soprattutto sono a favore delle carceri migliori, perché le carceri sono una vergogna. Sono una cosa vergognosa di questo Paese, perché è giustissimo che chi sbaglia paghi, ma c’è modo e modo di pagare. Per pagare non c’è bisogno di essere trattati peggio delle bestie e in condizioni sanitarie paurose”.

“Mia madre – aggiunge Stefania Nobile – ed io siano state in carcere a Bologna insieme, nella stessa cella per alcuni mesi insieme poi è stata aggiunta un’altra detenuta. Dopo sono stata spostata e ci siamo scritte diverse lettere nelle quali le raccontavo un sacco di bugie. Non potevo dirle che facevo la doccia con le pareti sporche di escrementi delle altre detenute..non potevo dirle che molte detenute abusavano di tranquillanti e psicofarmaci perché a molti faceva comodo che dormissero..come facevo a raccontarle la verità?”. Ed ha concluso: “L’insulto più doloroso è stato sentir dire che ho inventato la malattia per uscire dal carcere. Quando sono uscita non sono andata a Courmayeur, ma sono andata in un centro clinico e soprattutto lasciavo lì mia madre, il mio più grande amore della vita”.

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