ROMA – Ospite nel salotto di Vieni da Me c’è Eva Robin’s.
“Ho avuto una bellissima infanzia – racconta – tranne una brutta esperienza in un collegio quando avevo sei anni. Ricordo che raccontai a mamma che mi legavano a letto. Ho dei ricordi sfocati”.
“Mia madre è stata la mia fortuna – continua – mi chiamavo Roberto, Robertino. Per la mia mamma era il bambino più bello del mondo. E’ stato l’uomo che non sono stata io. E’ stata la prima pecora nera della famiglia. Mio padre era birichino. Aveva il vizio delle donne”.
“Mi ha sempre chiamato Roberto – racconta ancora – e non se ne è mai fatto una ragione”.
Da Roberto a Eva…
“Tutto è avvenuto nell’adolescenza – spiega – ero molto pasoliniana come genere. Mi iniziarono a chiamare Eva. Un mio vicino gestiva il reparto degli ormoni in ospedale e così bloccai lo sviluppo degli ormoni”.
Tua madre lo sapeva? “No ma se ne è fatta una ragione”.
E quando lo ha scoperto? “Gli ormoni agiscono all’inizio sul metabolismo e quindi non si capiva benissimo”.
Cosa non ti piaceva di Roberto? “Siamo in fascia protetta”.
Ti ha fatto soffrire il fatto che tuo padre ti ha continuato a chiamare Roberto? “No, ho avuto le mie gratificazioni anche altrove. Mi sono preso le mie rivincite: una volta in ospedale me lo trovo con il capello lungo metà bianco e metà biondo. Mi disse: ma lo sai che non avevano capito qui che sono un uomo?”.
Capitolo Amanda Lear.
“Per lei facevo la ballerina – racconta – e lei all’inizio non aveva capito nulla. In Romagna poi mi disse: sei molto popolare da queste parti. Lei è stata molto carina nei miei confronti. Avrebbe anche potuto licenziarmi. Lei invece faceva finta di niente”.
“La rincontrai anni dopo – continua – e guardandomi mi disse: la differenza tra una bella e una brutta è che la bella invecchia, la brutta no. Voleva dire che la bellezza passa ma la bruttezza… resta”.
Fonte: Vieni da Me.