Hotel da 28 mila dollari a notte, suite da 465 mq: la folle corsa degli alberghi Usa

di Marzia Boscarino
Pubblicato il 15 Marzo 2014 - 07:50 OLTRE 6 MESI FA

NEW YORK – Per una notte, 28 mila dollari: questo il costo di una suite di 310 metri quadrati al neonato Mandarin Oriental Hotel di New York, con ampie finestre floor-to-ceiling, “a tutta altezza”, e una sala da pranzo con 10 posti a sedere.

Più “economica” la Suite di Martin Katz, al New York Palace: 25 mila dollari a notte. Un mega contenitore – gioiello di 465 metri quadri: insomma, una reggia di Versailles ma con vista su Empire State e Chrysler Building.

In basso, vediamo in tutto il loro splendore piastrelle in marmo nero che disegnano una raggiera al 53°esimo piano del New York Palace, mentre un lampadario di cristallo di 6 metri pende dal soffitto. Il divano del soggiorno è di brillante blu zaffiro e la poltrona trapuntata in avorio fa brillare il soggiorno di ulteriore luce. Due piani più in alto, in un secondo soggiorno accanto a un vasto terrazzo privato, il bar (uno dei due nella suite) e il bagno di servizio sono avvolti in un rivestimento murale frizzante. Piastrelle iridescenti che rivestono la vasca idromassaggio privata sul tetto danno l’impressione di sprofondare in un opale gigante.

Un mega contenitore – gioiello, la Suite di Katz, che contiene essa stessa gioielli veri e propri: più di un milione di dollari risplendono all’interno dei cinque musei situati all’ingresso, grazie a un mirabile gioco di specchi, che richiama ancora una volta la reggia di Versailles.

In questo tipo di hotel, il lusso rappresenta il principale oggetto di competizione nella corsa a chi fa il prezzo più alto.

Il numero di capi di biancheria (almeno 400 a stanza) e la marca dei cosmetici da bagno sono alcuni dei rigidi parametri di confronto-scontro tra gli hotel di lusso.

Le mete cui ambisce un hotel di lusso sono essenzialmente due: la prima consiste nell’attrarre il maggior numero possibile di clienti (neanche a dirlo, stra ricchi); la seconda, ma non meno importante, è ottenere visibilità anche tra gli appartenenti ai ceti medio-bassi. I primi sono per lo più lavoratori stranieri negli Stati Uniti, ma anche attori di Hollywood e campioni sportivi, con i rispettivi staff al loro seguito. I secondi sono semplici turisti che, anche se la suite di lusso non se la possono di certo permettere, la possono quanto meno sognare.

“Il grosso del nostro lavoro consiste nel creare un’immagine”, afferma John Laclè, dell’Hilton Bentley Miami/South Beach che ha inaugurato lo scorso dicembre una suite-attico da 280 metri quadri.

E poi ci sono i clienti occasionali, quelli che non potrebbero permettersi l’albergo di lusso, ma se lo concedono per una notte da decine di migliaia dollari.

Il troppo stroppia? Niente affatto, almeno nell’ottica di quello che  Pam Danziger, presidente della società di marketing di lusso Unity Marketing, chiama “ristrettissimo mercato che non vuole niente di meno” rispetto agli sfarzi new age che gli alberghi di lusso americani devono offrire ai loro clienti, almeno se vogliono (come, del resto, devono) accontentarne i palati estremamente raffinati.  In cambio, i grandi business – men degli hotel di lusso riceveranno: soldi (tanti), fedeltà (assoluta) e un rinnovato prestigio.

La competizione nel settore alberghiero di altissimo livello riflette quella dell’economia capitalista nel suo complesso, che dipende sempre più dalla finanza e dove il piccolo che ha pochi soldi e pochi o nessuno sponsor, indipendentemente dalle sue idee e capacità, viene schiacciato dai grandi, che sono ricchi e dunque forti.

Negli Stati Uniti, la corsa al rialzo per gli alberghi di lusso sembra inarrestabile perché, non appena un hotel ha raggiunto un nuovo record, in termini di lusso e dollari, gli altri iniziano a fare a  gara a chi ne prenderà il posto. È evidente come l’obiettivo finisce per slittare dai ricavi al prestigio.

Una corsa che non conosce limiti, anche a costo di spendere 100 milioni di dollari per una ristrutturazione, come ha recentemente fatto il Loews Regency Hotel di New York, per inaugurare, a un anno di distanza, la sua riapertura. Il nuovo progetto, a detta del suo stesso ideatore Jonathan Tisch, proporrà sei diversi modelli diversi di suite per venire incontro alle nuove e diverse esigenze della vecchia clientela, ed eventualmente attrarre la nuova.

Il desiderio di alberghi che siano immagine di eccesso, sfarzo e grandezza proviene, soprattutto, dagli europei che lavorano negli Stati Uniti. E mentre oggi a soddisfare queste esigenze è soprattutto New York, fino a cinquant’anni fa i primi posti nel guianese dei primati erano occupati dalle principali metropoli europee e asiatiche: Londra e Singapore in testa.

Oltre a New York, come metropoli sedi di hotels di lusso, sono tutt’oggi mete d’attrazione per i lavoratori europei anche Las Vegas, Miami e Dallas.

A Dallas, per esempio, ha recentemente aperto l’hotel Ritz-Carton, con l’obiettivo di soddisfare una nuova esigenza dei clienti ricchi: quella di portare con sé in viaggio il seguito di  bambinaie, assistenti, guardie del corpo, chef personali ed altri assistenti. Da qui, l’idea di Roberto van Geenen di creare tre suite e due camere comunicanti all’interno di un unico ampio spazio di 480 metri quadrati.

Insomma, con la crescita del mercato internazionale del lavoro, crescono anche le esigenze di comodità e funzionalità degli spazi e si aprono nuove sfide tese a rendere la concorrenza tra i grandi hotel di lusso negli Stati Uniti ancora più accanita e spietata.

L’acceleratore alla concorrenza tra gli hotel di lusso ha coinciso, paradossalmente, proprio con la crisi economico-finanziaria mondiale, dalla quale i ricchi sono usciti sempre più ricchi (e desiderosi di godere delle loro ricchezze) e i poveri sempre più poveri, ai quali non resta che fantasticare sulla ricchezza altrui.

Ergo, gli hotel di lusso devono stare al passo con le esigenze di questi ricchi sempre più ricchi.