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Coronavirus, Oms: “E’ una pandemia”

ROMA – “Abbiamo valutato che il Covid-19 può essere caratterizzato come una situazione pandemica”. Lo ha annunciato il capo dell’Oms Tedros Adhanom Ghebreyesus nel briefing da Ginevra sull’epidemia di coronavirus.

Nelle ultime 2 settimane il numero dei paesi fuori dalla Cina che sono stati colpiti dal coronavirus è “triplicato”, ed ora siamo a “oltre 118mila casi in 114 paesi, e 4.291 persone hanno perso la loro vita”, ha aggiunto. “Descrivere la situazione come una pandemia non cambia la valutazione dell’Oms  sulla minaccia rappresentata da questo coronavirus. Non cambia ciò che l’Oms sta facendo e non cambia ciò che i paesi dovrebbero fare”, ha detto il capo dell’Oms.

Iss: “Italia ha fatto quel che doveva”.

“Noi quello che dovevamo fare lo stiamo facendo, lo stato di pandemia non ci cambia molto. E’ un invito agli stati membri ad intervenire in maniere molto ma molto più restrittiva” di quanto fatto finora. Così il direttore del Dipartimento malattie infettive dell’Iss Giovanni Rezza in conferenza stampa alla Protezione Civile.

“La dichiarazione di pandemia a noi non aggiunge molto, avendo avuto tra i primi un’epidemia dentro casa; ci colpisce poco la diffusione globale della malattia. L’Oms forse puntualizza che diversi Stati hanno fatto poco per arginare il virus; l’Italia se l’è trovata in Lombardia con il picco influenzale in corso e poteva fare poco – ha aggiunto Rezza -. La Cina ha fatto molto, Corea e Giappone anche, in altri Paesi la situazione è sfuggita di mano, come in Iran dove ci sono molti casi a Teheran”.

Coronavirus è pandemia, cosa cambia. 

La Covid-19 è la seconda pandemia di questo secolo, comparsa a 11 anni dalla pandemia dell’influenza A/H1N1. Come allora, ogni Paese è tenuto a rispondere mettendo in atto dei piani pandemici per gestire l’organizzazione di ospedali e terapie, in linea con quanto previsto dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms). Non è stabilito in modo chiaro il momento in cui un’epidemia diventa una pandemia e in generale si parla di pandemia quando in più Paesi avvengono epidemie con una trasmissione molto sostenuta, che non può più essere messa in relazione con il focolaio originario della nuova malattia.

L’ultima dichiarazione di pandemia da parte dell’Oms risale al 2009, quando l’influenza H1N1 colpì circa un miliardo di persone nei primi sei mesi, causando 600mila morti. Quella del coronavirus SarsCoV2 è anche la seconda pandemia in un mondo globalizzato e nella quale il virus si è spostato rapidamente da un continente all’altro a bordo degli aerei, proprio come aveva fatto il virus dell’influenza H1N1. A renderla unica è stata la risposta del mondo scientifico, che ha ottenuto l’identikit genetico dell’agente responsabile con una rapidità mai vista finora. Profondamente diversa, invece, la situazione ai tempi della Spagnola del 1918, che aveva provocato circa 50 milioni di morti superando con il suo bilancio di vittime quello della Prima Guerra Mondiale.

I virus attraversavano i continenti molto più lentamente anche ai tempi della pandemia dell’Asiatica del 1957, che uccise 1,1 milioni di persone, e della Hong Kong del 1968, che uccise un milione di persone. Secondo la definizione dell’Oms, una pandemia è la diffusione in tutto il mondo di una nuova malattia e generalmente indica il coinvolgimento di almeno due continenti, con una sostenuta trasmissione da uomo a uomo.

La gravità di una malattia non è il parametro decisivo perché venga dichiarata una pandemia, che riguarda invece l’efficacia con la quale una malattia si diffonde. Può infatti accadere che una pandemia inizi con una gravità moderata e che possa diventare più grave con l’arrivo di una seconda ondata. La dichiarazione di pandemia implica che ogni Paese metta a punto un Piano pandemico e che lo aggiorni costantemente sulla base delle linee guida dell’Oms.

I piani pandemici possono prevedere misure per riorganizzare i posti letto negli ospedali, comprese le strutture di terapia intensiva, e percorsi per alleggerire le strutture di pronto soccorso; altri provvedimenti possono riguardare i numeri del personale sanitario; l’acquisto di farmaci e la messa a punto e la produzione su larga scala di un vaccino diventano prioritarie, così come l’organizzazione delle campagne di vaccinazione; in alcuni casi potrebbe anche diventare necessario fare delle scelte relative all’accesso alle terapie.

Già dal 1999 l’Oms aveva pubblicato una guida sulla preparazione alla pandemia, aggiornata nel 2005. Da allora si è continuato a lavorare sulla messa a punto dei piani di risposta e l’Oms ha più volte rilevato come ci sia ora una maggiore consapevolezza del fatto che prepararsi a una pandemia richieda il coinvolgimento non solo del settore sanitario, ma della società nella sua interezza, con il coinvolgimento diretto delle persone. Un ruolo molto importante è affidato inoltre al coordinamento tra l’Oms e le altre organizzazioni internazionali. A livello nazionale infine, rileva l’Oms, è molto importante informare il pubblico regolarmente sulla malattia pandemica, incluse le modalità di trasmissione, la gravità clinica, la prevenzione e le terapie.

Fonte: Ansa, Agenzia Vista /Alexander Jakhnagiev

 

 

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