“Siamo tornati a casa e abbiamo visto che non era rimasto più nulla. Tutto si era trasformato in sabbia”. Sono drammatici i racconti dei sopravvissuti del violento terremoto che ha colpito la provincia afghana di Herat.
Un bilancio ancora provvisorio descrive una strage con oltre duemila morti e quasi 10.000 feriti. Un bilancio che si aggrava di ora di ora. Una strage che insanguina un Paese già in ginocchio, attraversato da una terribile crisi umanitaria, soggiogato dal pugno di ferro imposto dai talebani.
E messo a dura prova prima dalla fuga precipitosa degli occidentali e poi dalla fine degli aiuti esteri. Secondo funzionari governativi, più di 1.300 case sono state distrutte lungo la faglia che si sviluppa a 30 chilometri a nord-ovest di Herat.
Nel villaggio di Sarboland, nel distretto di Zinda Jan, le case vicino all’epicentro del terremoto, che ha avuto una magnitudo 6.3, sono sventrate e gli oggetti personali sparsi un po’ ovunque.
Le successive scosse di assestamento hanno poi assestato il colpo finale. La maggior parte delle dimore rurali in Afghanistan sono fatte di fango e costruite attorno a pali di sostegno in legno, con pochi rinforzi in acciaio moderni, dove vivono intere famiglie allargate multigenerazionali, che sfrattate con violenza dai loro focolai adesso si preparano a trascorrere un’altra notte all’addiaccio.
“Dopo la prima scossa tutte le case sono crollate e chi si trovava all’interno è rimasto sepolto”, ha raccontato all’Afp Bashir Ahmad, di 42 anni, che lamenta la mancanza dei beni primari, coperte comprese. L’imperativo è scavare. In una lotta contro il tempo, soccorritori e volontari si danno il cambio alla ricerca di eventuali segnali di vita.
Scene drammatiche diffuse sui social network testimoniano l’orrore, tra chi cerca con tutte le sue forze di dissotterrare i morti o i feriti dalle macerie col solo ausilio delle mani. Mentre i sopravvissuti che riemergono da questo inferno sembrano quasi truccati nei volti, ingrigiti dalla polvere.
“La nostra gente è stata testimone di un terremoto senza precedenti”, ha spiegato il portavoce del ministero per la gestione dei disastri, Mullah Janan Sayeq. “Stiamo facendo del nostro meglio per curare le vittime”, ha poi aggiunto ai giornalisti a Kabul.
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