Alabama, come hanno tirato fuori Ethan dal bunker

ROMA – Alle 15,12 di lunedì 4 febbraio gli agenti dell’Fbi e alcuni esperti del Pentagono hanno deciso che era il momento giusto per il blitz. Non prima, quando la trattativa era su un buon binario e si poteva evitare il ricorso alle armi, non dopo, quando l’irascibile rapitore di bambini e veterano del Vietnam rischiava di avere reazioni incontrollabili. E’ iniziata quindi alle 15,12, ora dell’Alabama, la liberazione del piccolo Ethan (clicca qui per vedere le foto), il bambino tenuto ostaggio da un pazzo all’interno di un bunker tecnologico e attrezzato per quasi una settimana. E contemporaneamente è stata la fine anche per Jimmy Lee Dykes, solo tra qualche giorno sapremo se è stato ucciso o se si è sparato.

Dopo 6 giorni passati a trattare ma anche a studiare il bunker, gli agenti hanno deciso di entrare in azione, nella cittadina di Midland City. Le forze speciali erano già arrivate sul luogo con attrezzature specifiche per studiare la presenza di ordigni o la profondità del terreno. Con alcune microcamere hanno ricostruito una pianta più o meno dettagliata di questo misterioso bunker, costruito da Lee Dykes nei minimi dettagli, con riscaldamento, elettricità, ricca fornitura di viveri e un tubo per comunicare con l’esterno. Perché un veterano del Vietnam costruisce una struttura simile? Pare per prepararsi all’eventualità di un tornado, all’Apocalisse o alla rivoluzione socialista, il che dice molto sulla personalità di questo 65enne.

Lunedì Lee Dykes era diventato più irascibile, teneva con sé un’arma tutto il tempo mentre divideva i pochi metri quadri con il bambino. E così sono bastate due piccole bombe stordenti dentro il tubo che portava al bunker per permettere agli agenti di aprire la botola d’accesso e fare irruzione. Pochi, concitati, minuti: il rapitore morto, ucciso o suicida non è chiaro, e il bambino finalmente libero e in buona salute ha potuto riabbracciare i genitori.

 

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