Le elezioni presidenziali negli Usa, programmate per il 5 novembre 2024, sono sempre un evento di grande importanza. Quest’anno, i candidati principali sono Kamala Harris e Tim Walz per i Democratici, e Donald Trump con J.D. Vance per i Repubblicani. Tuttavia, c’è un aspetto peculiare del sistema elettorale americano: non vince sempre chi ottiene il maggior numero di voti.
L’elezione indiretta e il ruolo dei grandi elettori
Il sistema elettorale degli Stati Uniti è indiretto, il che significa che gli elettori non votano direttamente per il candidato presidenziale, ma piuttosto per una lista di “grandi elettori” che si sono impegnati a sostenere un determinato candidato. Ogni Stato ha un numero di delegati che varia in base alla sua popolazione. Ad esempio, secondo il censimento del 2020, il Texas ha guadagnato due delegati, mentre la California e New York ne hanno persi uno. I candidati quindi si contendono il voto in 51 battaglie separate: per vincere un Stato e ottenere tutti i delegati, è necessario conquistare la maggioranza dei voti in quello Stato.
Un sistema noto come “winner-take-all” è utilizzato nella maggior parte degli Stati, ma ci sono due eccezioni: il Nebraska e il Maine, dove il sistema di voto è ibrido, assegnando alcuni delegati in base ai risultati elettorali nei distretti congressuali. Questa modalità di voto disgiunto consente a diversi candidati di ricevere delegati dallo stesso Stato.
Il traguardo dei 270 delegati
In totale, ci sono 538 grandi elettori, e per vincere la presidenza è necessario accumulare almeno 270 voti. Le campagne elettorali si concentrano quindi su quali Stati “pungere” per raccogliere il maggior numero di delegati. L’elezione ufficiale del presidente avviene un mese e mezzo dopo il giorno delle elezioni, quando i grandi elettori si riuniscono nei loro Stati e votano. Se nessun candidato raggiunge i 270 delegati, la responsabilità di scegliere il presidente passa alla Camera dei Rappresentanti, che effettua un “voto speciale”.
Nonostante il voto popolare esista, il sistema elettorale americano può risultare ingannevole. È possibile che un candidato perda il voto popolare ma vinca la presidenza, come dimostrato dalle elezioni del 2016, quando Hillary Clinton ottenne circa 3 milioni di voti in più rispetto a Donald Trump, ma quest’ultimo vinse grazie ai delegati accumulati negli Stati chiave. Situazioni simili si sono verificate anche nel 2000 e nel XIX secolo.
L’Election Day negli Stati Uniti è fissato per il “martedì dopo il primo lunedì di novembre”. Questa scelta risale al 1845, quando il Congresso degli Stati Uniti decise di uniformare il giorno delle elezioni. Novembre è stato scelto perché è un mese in cui gli agricoltori avevano meno lavoro. Inoltre, il martedì è stato selezionato per motivi logistici: la domenica era riservata al culto e il mercoledì era giorno di mercato in molte città.
Negli Stati Uniti ci sono tre modalità di voto: in presenza, via posta e voto anticipato (early voting). Il voto per corrispondenza è consentito in tutti gli Stati, ma in alcuni è necessaria una giustificazione valida. Le schede vengono inviate per posta, e gli elettori devono restituirle entro una certa data per essere conteggiate.
Il voto anticipato è un’altra opzione popolare, che consente agli elettori di votare prima del giorno delle elezioni. Gli Stati hanno adottato procedure diverse, con alcuni che consentono il voto anticipato fino a un mese prima delle elezioni. Questa flessibilità ha reso il voto più accessibile, con milioni di schede già compilate e pronte per essere scrutinati.
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