NEW YORK – Bare sepolte una accanto all’altra in fosse comuni vicino New York. Sono le immagini riprese da un drone e pubblicate dalla Bbc e da diverse agenzie tra cui Ap e Reuters che raccontano dell’emergenza coronavirus nell’area.
La fossa comune si trova a Hart Island, al largo del Bronx, che da oltre 150 anni viene utilizzata per seppellire chi non può permettersi funerali o posti al cimitero. Le immagini riprese dal drone mostrano 40 bare che sono state interrate nella giornata di ieri, giovedì 9 aprile. Nei giorni scorsi il sindaco di New York aveva accennato alla possibilità di usare “cimiteri temporanei” fino a che la crisi fosse passata e aveva menzionato Hart Island come “il luogo storicamente” adibito a quell’uso.
Lo Stato di New York conta attualmente un maggior numero di casi di coronavirus rispetto a qualsiasi Paese del mondo eccetto gli Usa: è quanto emerge dal bilancio aggiornato della Johns Hopkins University.
Il bollettino dell’università americana segna un totale di 161.807 casi nello Stato di New York (di cui ben 87.028 a New York City), con un aumento di oltre 10mila casi nelle ultime 24 ore. Il solo Stato di NY, che ha circa 19,5 milioni di abitanti (2018), supera quindi anche la Spagna, che registra 153.222 contagi ed occupa il secondo posto dopo gli Usa (466.299) nella classifica dei Paesi con il maggior numero di casi di Covid-19.
Quello che sta accadendo a New York è una vera e propria strage, con numeri da far impallidire il ricordo terribile dell’attentato alle Torri Gemelle. New York si sveglia con un nuovo triste record, 799 morti in un giorno (dati al 9 aprile ndr), che portano il bilancio delle vittime del “killer invisibile” a oltre 7 mila, la metà di quelle dell’intera America: le ultime 4 mila – il dato più agghiacciante – in meno di una settimana.
“Peggio dell’11 settembre”, afferma sconsolato il governatore Andrew Cuomo. E a chi già parla di riaprire il Paese, lancia un chiaro monito: “Siamo solo alla prima ondata della pandemia”, non bisogna dunque assolutamente abbassare la guardia, ma stare a casa per salvare più vite umane possibile. Anche se nella Grande Mela i danni economici per le severe misure anti -contagio sono già “devastanti”.
E intanto ci si interroga su come il virus sia arrivato nella più grande metropoli statunitense: lo fa il New York Times, che cita gli ultimi studi secondo cui ha cominciato a circolare alla metà di febbraio, settimane prima la conferma del caso numero uno. E a portarlo sarebbe stato soprattutto chi è arrivato dall’Europa, e non dall’Asia come accaduto a Seattle o a Los Angeles, i primi focolai americani, le metropoli dove atterrano voli diretti dalla Cina e da Whuan.
Ma non c’è solo New York. Con oltre 430 mila casi di pazienti positivi in tutti gli Usa e quasi duemila morti in 24 ore a preoccupare sono ora gli altri “hot spot” che rischiano di esplodere. In particolare Detroit, metropoli di uno stato del Michigan dove solo un mese fa i contagi erano meno di 300 mentre ora hanno superato i 20 mila. Motor City è in ginocchio, travolta dall’emergenza, con un tasso di mortalità che ha addirittura superato quello di New York.
Gli ospedali sono al collasso – denunciano le autorità locali – e alcuni pazienti sono morti nei corridoi dei pronto soccorso, prima ancora di essere assistiti.
Intanto la Casa Bianca, nonostante il picco dei contagi sembra ancora lontano dall’essere raggiunto, pensa già alla “fase due”, quella dell’allentamento della stretta e della riapertura graduale dell’economia (fonte: Ansa, Agenzia Vista /Alexander Jakhnagiev).