Sono almeno 15 gli agenti di polizia sono rimasti vittime dell’attacco terroristico avvenuto domenica 23 giugno in Daghestan, nella Russia meridionale. Il governatore Sergey Melikov, spiega che oltre agli agenti ci sono dei civili morti. Tra loro c’è anche “padre Nikolaj, che ha prestato servizio per più di quarant’anni nella chiesa ortodossa di Derbent”. L’attentato ha preso di mira una chiesa e una sinagoga.
Gli attentatori hanno aperto il fuoco nella Chiesa dell’Intercessione della Beata Vergine Maria e la sinagoga di Derbent, la città più antica e meridionale di Russia che è patrimonio mondiale dell’Unesco e sede di un’antica comunità ebraica. Hanno sgozzato il prete ortodosso sessantaseienne, padre Nikolaj Kotelnikov, ucciso una guardia giurata e dato alle fiamme i due edifici religiosi che si trovano a poca distanza l’uno dall’altro. Contemporaneamente, sono stati segnalati diversi scontri a fuoco nel capoluogo Makhachkala, sul Mar Caspio.
L’antiterrorismo ha ucciso sei attentatori uccisi. “Sei uomini armati sono stati uccisi. Ulteriori azioni operative di ricerca e investigative continueranno fino a quando non verranno scoperti tutti i partecipanti alle cellule dormienti, che sicuramente sono state preparate soprattutto dall’estero”, ha detto il governatore Melikov citato dall’agenzia di stampa russa Tass. La situazione in Daghestan dopo gli attacchi avvenuti a Makhachkala e Derbent è ora sotto il controllo delle autorità e delle forze dell’ordine, ha aggiunto.
Il commando di uomini armati ha aperto il fuoco prima contro la sinagoga e la chiesa- Subito dopo ha aperto il fuoco anche contro un posto di polizia stradale tra Derbent e Makhachkala. Dopo l’attentato i terroristi hanno incendiato i due luoghi di culto e che in tutta la zona le squadre antiterrorismo si sono lanciate in una caccia all’uomo per bloccare gli attentatori. Secondo la prima ricostruzione fornita dal ministero dell’Interno del Daghestan, verso le 18 ignoti hanno sparato contro una sinagoga e una chiesa con armi automatiche. I sospettati sono poi scappati a bordo di una Volkswagen Polo bianca. Secondo fonti israeliane nella sinagoga, al momento dell’attacco non c’era nessuno.
Una fonte vicina alla polizia locale ha riferito alla Tass che gli autori di questi attacchi “sono membri di un’organizzazione terroristica internazionale”. Già lo scorso 28 ottobre questa Repubblica a maggioranza musulmana era stata teatro di un atto apertamente antisemita: all’aeroporto della capitale, Makhatchakala, decine di persone presero d’assalto la pista e il terminal dopo che era stato annunciato l’atterraggio di un aereo proveniente da Israele, urlando “Allah u Akbar”, in quella che era sembrata a tutti una vera a propria caccia all’uomo. All’epoca, Mosca accusò il governo di Kiev di avere “un ruolo chiave” in quell’azione. La portavoce del ministero degli Esteri di Mosca, Maria Zakharova, disse che l’obiettivo dell’Ucraina era quello di “destabilizzare la Russia” provocando divisioni etnico-religiose. “Accuse assurde”, era stata la replica di Washington.
Il gruppo Wilayat Kavkaz, ramo del Caucaso settentrionale dello Stato Islamico, “ha probabilmente condotto l’attacco coordinato contro chiese, sinagoghe e strutture di polizia nella Repubblica del Daghestan il 23 giugno”. A scriverlo è il think tank statunitense Institute por the study of war (Isw). “La filiale russa dell’IS-K “Al-Azaim Media” ha pubblicato una dichiarazione il 23 giugno in seguito all’attacco elogiando “i loro fratelli del Caucaso” per aver dimostrato le loro capacità”, scrive Isw. “Al-Azaim non ha rivendicato l’attacco in sé” ma “il riferimento al Caucaso suggerisce fortemente che Wilayat Kavkaz sia responsabile dell’attacco”, sostiene il think tank.
“La struttura antiterrorismo regionale dell’Organizzazione per la cooperazione di Shanghai (Sco) ha avvertito che Wilayat Kavkaz è diventata più attiva in seguito all’attacco al Crocus City Hall di Mosca del 22 marzo e ha intensificato gli appelli di reclutamento nel Caucaso settentrionale dall’aprile 2024”.
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