ROMA – In primo piano ecco il lettino. Su quel letto d’ospedale un piccolo contenitore metallico. Contiene il liquido da iniettare per la dolce morte. Intorno a quel letto una camera asettica, luci al neon, un camice verde. Eccola l’eutanasia. Ecco com’è, come succede. O meglio, come dovrebbe se fosse legale. Venti secondi di spot dell’associazione Luca Coscioni che in questi giorni lancia la campagna per l’eutanasia legale anche in Italia. Venti secondi in cui c’è spazio per un messaggio forte: “Cerchiamo malati terminali per ruolo da attore protagonista. Uomini e donne dai 18 anni in su. Anche prima esperienza”. Sembra una provocazione ma non lo è: “Se soffri di un male incurabile, e sei interessato a partecipare come testimonial di una campagna a favore di una legge che rispetti ogni scelta di fine vita, contattaci al numero 06-68979286 o scrivi su info@associazionelucacoscioni.it”, si legge sul sito dell’associazione.
“Ammalarsi fa parte della vita, è scritto sul sito dell’Associazione. Come guarire, morire, nascere, invecchiare, amare. Le buone leggi servono alla vita: per impedire che siano altri a decidere per noi, in nome di Stati o religioni; per garantire libertà e responsabilità delle nostre scelte, drammatiche e felici. Fino alla fine”.
L’eutanasia fatta pubblicità, fatta spot per cercare “malati protagonisti” non è piaciuta né a destra né a sinistra. Sull’eutanasia il Pdl e l’area cattolica del Pd si trovano d’accordo: da parte loro c’è un secco “no”. Eugenia Roccella, già sottosegretario alla Salute per il Pdl, ha detto: ”L’annuncio mortifero dei Radicali, per promuovere una campagna sull’eutanasia, non credo troverà entusiastiche adesioni di massa. I malati, terminali o no, chiedono piuttosto sostegno, vicinanza, sollievo dalle sofferenze, insomma, cure”.
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