Italia-Nuova Zelanda: Katia Ricciarelli sbaglia l’Inno di Mameli (video)

Italia-Nuova Zelanda: Katia Ricciarelli ha sbagliato l’Inno di Mameli (video).

Italia-Nuova Zelanda: Katia Ricciarelli ha sbagliato l’Inno di Mameli (video) (LaPresse)

ROMA – Imbarazzo allo Stadio Olimpico di Roma, la cantante lirica Katia Ricciarelli si è esibita prima della partita di rugby tra l’Italia e la Nuova Zelanda ma ha sbagliato clamorosamente l’Inno di Mameli saltando una parte del testo.

Un pezzo di Auckland al Foro Italico. Il rugby si conferma ancora una volta sport diverso dagli altri, dove l’Italia non e’ schiava del risultato e continua ad essere amata, e a far registrare il tutto esaurito, nonostante metta insieme soprattutto sconfitte.

Per gli All Blacks il discorso e’ differente: loro per contratto devono vincere almeno il 75% delle partite, e il bello e’ che ci riescono.

Non era stato cosi’ nella precedente apparizione a Roma dei campioni del mondo del rugby, nel 1995 quando all’Olimpico si era presentato il Sudafrica ‘benedetto’ da Nelson Mandela e fresco di titolo vinto in casa.

Non era ancora l’epoca dell’Italia nel 6 Nazioni e della febbre azzurra, cosi’ quel giorno  si erano presentati in 42mila, in tanti ‘a scrocco’ (la Fir se n’era a lungo lamentata), stavolta ce n’erano 30mila di piu’ e spettatori paganti.

A conferma che questa nazionale unisce lo Stivale, molti non erano romani ma arrivati da tutta Italia, come testimoniato da striscioni di varie citta’ venete, Gubbio, Pontedera, Bellaria, Brescia, Oristano e l’immancabile L’Aquila, terra in cui la passione per la palla ovale a volte riesce ad essere piu’ forte perfino delle tragedie.

L’Italia non ha vinto neppure oggi, ed era prevedibile perche’ la Nuova Zelanda campione del mondo non perde da 15 mesi, e da dieci anni nei suoi tour europei di novembre, e non aveva alcuna intenzione di farsi mettere sotto proprio adesso.

Ma i 72mila che hanno gremito l’Olimpico, facendo registrare quel ‘sold out’ che nel calcio qui e’ stato mancato anche dalla stracittadina, si sono divertiti lo stesso nel prima (cantando a squarciagola l’inno assieme a Katia Ricciarelli), nel dopo e anche durante, visto che per almeno un tempo, e ad inizio ripresa, l’Italia ha giocato alla pari dei celeberrimi avversari. Ecco perche’ anche adesso che la partita e’ finita, nella zona del terzo tempo (quest’anno allargata a tutto il Foro Italico, mentre allo stadio dei Marmi erano a disposizione gli ‘strumenti’, porte a H e palloni ovali compresi, per cimentarsi sul campo), si suona e si canta a squarciagola l’inno di Mameli fra una bevuta e l’altra.

E’ stata la festa della gente entusiasmatasi per la Haka, quella tradizionale ovvero la ‘Ka Mate’ (e non l’innovativa ‘Kapa O Pango’, introdotta nel 2005), questa volta non rovinata (come accadde nel 2004) dalla banda militare che esce dal campo suonando l’ennesima ‘marcetta’.

Per questo piu’ di uno in tribuna ha tirato un sospiro di sollievo, perche’ quella di otto anni fa al Flaminio fu una brutta figura ‘storica’. Fuori e dentro lo stadio e’ stato un susseguirsi di gente vestita con la maglia dell’Italia, e di altri con quella degli All Blacks e il tricolore sulle spalle.

Oppure lui e lei uno in azzurro e l’altra in nero. Tifosi neozelandesi ce n’erano non molti, tra loro l’ambasciatore ‘kiwi’ in Italia Trevor Matheson, rugbista di buon livello ai tempi della scuola e convinto che ”i veri ambasciatori del mio paese sono gli All Blacks”.

A unire due paesi uno all’opposto dell’altro nel globo, e i due emisferi, lo striscione comparso nel secondo tempo in curva nord, di puro spirito rugbistico: ”18.743 chilometri ci dividono, 18.743 birre ci uniscono”. La festa del terzo tempo puo’, anzi deve, continuare.

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