L’AQUILA – Adel Smith, il presidente dell’Unione musulmani d’Italia noto per la sua battaglia, nei primi anni Duemila, contro la presenza di simboli sacri negli edifici pubblici, dalle scuole alle aule giudiziarie, dagli ospedali ai seggi elettorali, culminata con il lancio di un crocifisso dalla finestra dell’ospedale dell’Aquila, è morto venerdì 22 agosto per una grave malattia a 54 anni. Il decesso è avvenuto intorno alle 6 proprio al “S.Salvatore”, lo stesso nosocomio aquilano che lo aveva visto ricoverato anni fa.
Smith, nato ad Alessandria d’Egitto da padre italiano e madre egiziana, con un nonno inglese, abitava a Ofena (L’Aquila). Lascia la moglie e tre figli. Il suo avvocato Dario Visconti lo ricorda come “un uomo coraggioso, che ha sempre utilizzato gli strumenti dell’ordinamento giuridico italiano per portare avanti le sue battaglie sui principi di libertà, in particolare di religione e della persona, contro qualsiasi forma di condizionamento anche subliminale e mi riferisco ai simboli religiosi, e all’imposizione di simboli monoconfessionali specificamente”. Smith è morto in una stanza senza crocifisso.
Nel 2003, fu vittima di un’aggressione mentre era ospite in a Telenuovo alla trasmissione “Rosso e Nero”. Era il 10 gennaio 2003. Un gruppo di giovani di Forza Nuova fece irruzione negli studi dell’emittente a Verona, aggredendo e picchiando Adel Smith e il suo segretario, Massimo Zucchi, intervenuto in sua difesa.
Ventitré militanti di estrema destra furono identificati dalla Digos: sei vennero arrestati e altre 17 denunciati. Per la spedizione erano arrivati da tutto il Veneto.
Nei giorni precedenti, Smith durante un dibattito su Serenissima Televisione era stato protagonista di un acceso diverbio venendo alle mani con il professor Carlo Pelanda, editorialista del “Giornale”. L’irruzione e l’aggressione durante la diretta a Telenuovo suscitarono molto scalpore e condanna da molte parti politiche ed anche del Sindacato del giornalisti del Veneto. La vicenda poi sfociò in un processo con la condanna per alcuni militanti, accusati di violenza privata e aggressione con l’aggravante della discriminazione razziale.
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