Strage all’ospedale di Gaza City con centinaia di morti, uno dei peggiori massacri della guerra che rischia di infiammare ancora di più il conflitto. Hamas ha subito accusato Israele di aver colpito l’Al-Ahli Arabi Baptist Hospital causando tra i 200 e i 500 morti. L’esercito da parte sua ha negato ogni responsabilità e addossato la responsabilità dell’esplosione al lancio fallito di un razzo della Jihad islamica: “L’ospedale non era un edificio sensibile e non era un nostro obiettivo”.
Ma la reazione del mondo palestinese e arabo è stata veemente: il presidente Abu Mazen ha cancellato l’incontro previsto ad Amman con Joe Biden e indetto tre giorni di lutto nazionale in Cisgiordania, mentre l’Olp ha fatto appello alla comunità internazionale chiedendo di “mettere fine a questo massacro”. Amman, poche ore dopo, ha annullato del tutto il vertice su Gaza che prevedeva anche la presenza del presidente egiziano al-Sisi, e la stessa visita del presidente americano in Giordania è stata cancellata.
L’Egitto ha condannato “con la massima fermezza il bombardamento israeliano”, l’Iran ha parlato di “brutale crimine di guerra e genocidio” e la stessa Giordania ha fatto sapere di considerare lo Stato ebraico “responsabile per questi pericolosi sviluppi”. Proprio ad Amman in serata è esplosa la protesta di piazza con centinaia di persone che hanno assaltato l’ambasciata israeliana e appiccato il fuoco ai muri esterni. Manifestazioni pro-palestinesi, segnate da forte tensione, sono avvenute anche a Tunisi e a Beirut. Qualunque siano le circostanze del massacro dell’ospedale, si tratta di uno degli episodi più violenti del conflitto in corso.
Questa è la situazione che si troverà di fronte il presidente Usa quando domani arriverà a Tel Aviv per portare solidarietà all’alleato di punta in Medio Oriente. Con una novità: l’attesa invasione di Gaza da parte di Israele non è più l’unica “opzione” nella guerra contro Hamas. “Potrebbe essere qualcosa di diverso”, ha avvertito l’esercito.
Nella sua visita di poche ore Biden dovrà confrontarsi con una realtà che all’undicesimo giorno di guerra sta diventando un rebus di difficile soluzione. Pesa su tutto il dramma umanitario nella Striscia dove, secondo Save the Children, tra gli oltre 3.000 morti si contano più di 1.000 bambini rimasti uccisi negli attacchi di Israele. Il leader americano e il primo ministro Netanyahu dovranno affrontare il nodo della chiusura del valico di Rafah tra l’Egitto e Gaza, con gli stranieri ancora intrappolati nell’enclave palestinese e le colonne di camion con gli aiuti umanitari bloccati sul lato egiziano del passo.
Senza dimenticare il problema dei 250 ostaggi israeliani nelle mani di Hamas e delle altre fazioni palestinesi. Ma soprattutto, un possibile allargamento del conflitto se Israele dovesse entrare ‘boots on the ground’ a Gaza: minaccia ventilata dall’Iran e dai suoi alleati Hezbollah libanesi, che hanno continuato colpire il nord dello Stato ebraico. Il ministro degli Esteri di Teheran Hossein Amirabdollahian ha ammonito per esempio che l’estensione della guerra su altri fronti si sta “inevitabilmente” avvicinando.
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