La recente visita di Re Carlo III in Australia ha portato alla luce profonde ferite storiche e tensioni mai risolte tra le popolazioni indigene e la monarchia britannica. Durante un ricevimento parlamentare a Canberra, il re è stato interrotto dalla senatrice aborigena Lidia Thorpe, una voce forte e battagliera per i diritti degli aborigeni. In un video che è diventato virale, Thorpe ha accusato apertamente il monarca di crimini storici, gridando: “Hai rubato le nostre terre, hai commesso un genocidio”.
L’episodio si è verificato mentre Carlo III stava tenendo un discorso, riflettendo sui suoi legami personali con l’Australia e sui temi legati alla crisi climatica e alla pandemia. L’intervento di Lidia Thorpe, vestita con un tradizionale mantello di pelle di opossum, ha interrotto bruscamente l’evento, mentre la senatrice agitava il pugno verso il re, dichiarando con forza che “questo non è il tuo Paese”. Poco dopo, la senatrice è stata allontanata dalla sicurezza, ma il suo gesto ha fatto il giro del mondo, riaccendendo il dibattito sul rapporto tra l’Australia e la monarchia britannica.
Non è la prima volta che Lidia Thorpe, senatrice indipendente dello stato di Victoria, critica apertamente la monarchia. Già in passato, durante il suo giuramento, aveva definito la Regina Elisabetta una “colonizzatrice”. Questa volta, però, le sue accuse sono state dirette a Carlo III, accusato di rappresentare un sistema di potere che ha storicamente oppresso le popolazioni indigene australiane.
Nel suo intervento, Thorpe ha accusato la Corona britannica di aver perpetrato un genocidio nei confronti delle popolazioni aborigene, esigendo la restituzione delle terre sottratte e un trattato che riconosca formalmente i diritti degli indigeni. Le sue parole, piene di rabbia e dolore, hanno messo in luce secoli di sfruttamento e abusi subiti dalle popolazioni autoctone australiane, un tema che continua a suscitare dibattito sia a livello nazionale che internazionale.
La senatrice ha chiesto non solo la restituzione delle terre, ma anche delle ossa e dei resti degli antenati aborigeni, portati via durante i secoli di colonizzazione. Questi resti, conservati in musei e collezioni private in tutto il mondo, rappresentano per gli aborigeni una ferita aperta, simbolo di una cultura violentemente sottratta e marginalizzata.
Una delle questioni sollevate da Lidia Thorpe riguarda la mancanza di un trattato tra il governo australiano e le popolazioni indigene. A differenza di altre ex colonie britanniche, come la Nuova Zelanda, l’Australia non ha mai formalmente riconosciuto i diritti degli aborigeni attraverso un trattato. Questo fatto rappresenta una profonda ingiustizia per molti indigeni, che continuano a lottare per il riconoscimento dei loro diritti e della loro sovranità.
Per le popolazioni indigene dell’Australia, il trattato rappresenterebbe non solo una forma di giustizia storica, ma anche un passo fondamentale verso la riconciliazione. Senza un accordo formale, infatti, molti aborigeni sentono di essere ancora trattati come cittadini di seconda classe, nonostante le leggi e le politiche che cercano di migliorare le loro condizioni.
Negli ultimi decenni, ci sono stati tentativi di avviare un dialogo per il riconoscimento formale degli aborigeni. Tuttavia, queste iniziative hanno incontrato resistenze e ostacoli politici. Solo l’anno scorso, un referendum volto a garantire maggiori diritti politici agli indigeni è stato respinto, segno di quanto sia ancora complessa la questione dei rapporti tra la maggioranza non indigena e le comunità aborigene.
Nonostante rappresentino circa il 3% della popolazione australiana, gli aborigeni continuano a vivere in condizioni di grave svantaggio sociale ed economico. Molti di loro si trovano intrappolati in un ciclo di povertà, disoccupazione e discriminazione. Le statistiche rivelano che una percentuale sproporzionata di aborigeni è detenuta nelle carceri australiane, spesso per reati minori, e che circa un terzo della popolazione indigena vive al di sotto della soglia di povertà.
Uno degli aspetti più dolorosi della storia degli aborigeni è la cosiddetta “Generazione Rubata”. Tra l’inizio del XX secolo e gli anni ’70, migliaia di bambini aborigeni furono allontanati dalle loro famiglie e collocati in istituti o presso famiglie bianche, con l’obiettivo di “assimilarli” nella cultura australiana dominante. Questi bambini furono privati della loro identità, della loro cultura e delle loro radici, in un atto che oggi è riconosciuto come una delle più gravi violazioni dei diritti umani della storia australiana.
Nonostante i progressi compiuti negli ultimi anni, il trauma di quella generazione continua a pesare sulle comunità aborigene, alimentando un profondo senso di ingiustizia e di alienazione nei confronti delle istituzioni australiane. Le politiche di assimilazione forzata, unite alla perdita delle terre e alla discriminazione quotidiana, hanno lasciato segni indelebili nella cultura e nell’identità degli aborigeni australiani.
L’intervento di Lidia Thorpe ha riacceso il dibattito sul ruolo della monarchia britannica in Australia. Sebbene il paese sia formalmente una monarchia costituzionale, con il re d’Inghilterra come capo di stato, cresce il movimento repubblicano che chiede l’abolizione della monarchia e l’adozione di un sistema politico completamente indipendente dal Regno Unito.
Per molti australiani, soprattutto tra le popolazioni indigene, la monarchia rappresenta un simbolo del colonialismo e dell’oppressione. Lidia Thorpe, con le sue forti dichiarazioni, ha sollevato la questione di come il passato coloniale dell’Australia continui a influenzare la vita degli aborigeni e come la presenza della monarchia britannica sia vista da molti come un ostacolo alla riconciliazione.
D’altro canto, ci sono anche molti australiani che sostengono la monarchia e vedono in Carlo III un leader capace di promuovere l’unità e la stabilità nel paese. Tuttavia, episodi come quello di Canberra dimostrano che il tema rimane estremamente divisivo e che la strada verso una piena riconciliazione tra la popolazione indigena e le istituzioni australiane è ancora lunga.
L’intervento di Lidia Thorpe durante la visita di Carlo III non è stato solo un atto di protesta, ma un richiamo potente alla memoria storica e alla giustizia. La storia delle popolazioni indigene australiane è una storia di resistenza, di sofferenza, ma anche di grande resilienza.
Perché l’Australia possa davvero guardare avanti e costruire un futuro di inclusione e uguaglianza, è fondamentale che il paese riconosca pienamente le sue responsabilità storiche e agisca per riparare i torti del passato. La richiesta di un trattato e di una maggiore rappresentanza politica per gli aborigeni non è solo una questione di diritti, ma di dignità e di riconoscimento della loro fondamentale importanza nella storia e nella cultura del paese.
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