ROMA – A volte basta una semplice spinta, altre volte serve la violenza delle mazze. Il risultato è lo stesso ed è sconfortante: pezzi della nostra storia più antica demoliti in pochi istanti dalla furia barbara e ottusa dei miliziani dell’Isis. Un video diffuso proprio dallo stesso stato Islamico su Youtube mostra lo scempio: decine di statue antichissime di un museo di Mosul fatte a pezzi da un gruppo di miliziani dell’Isis. Perché, ammesso e non concesso che la barbarie abbia un perché, offensive della religione.
E il pensiero corre immediatamente ai buddha di Bayman in Afghanistan. Erano due statue antichissime e colossali (una era alta 38 metri, l’altra 53). Erano perché lo stesso tipo di ottusa furia ne ha causato la distruzione. Era il 2001 e gli autori dello scempio furono i talebani, non l’Isis. Cambia pochissimo, anzi nulla. Intollerabile, per i talebani, che venisse raffigurato un Buddha e così le due statue furono distrutte.
Oggi la stessa sorte tocca a un museo nei pressi di Mosul. Dove umanità vede la culla della propria storia Isis vede solo “idoli”, qualcosa di un passato da cancellare. Anche a martellate. Non pensano i miliziani dell’Isis che con quelle martellate hanno distrutto la loro stessa storia. Persino inutile ragionare sui “danni”. Sono semplicemente incalcolabili come detto dalla archeologa irachena Lamia al Gailani in un’intervista alla Reuters. Alcuni dei reperti presi a martellate risalirebbero al settimo secolo avanti Cristo. Tra le statue distrutte ne figura in particolare una di un toro alato che rappresenta l’antica divinità mesopotamica di Nergal.
E’ qualcosa di molto più antico del Corano, dell’Islam e dello stesso Cristianesimo. Qualcosa che è impossibile pensare come offensivo, persino in una logica distorta come quella dei fondamentalisti. Se non altro perché realizzato più di un migliaio di anni prima della stesura del Corano. E che oggi, con pochi colpi di martello, è andato perduto per sempre.
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