NEW YORK – Jihadi John, il boia dell’Isis, sarebbe stato ucciso da un attacco con un drone americano in un raid nella città di Raqqa, in Siria. A dare l’annuncio sono stati gli alti funzionari degli Stati Uniti dalle pagine del Washington Post e della Cnn, che hanno sottolineato come le verifiche siano ancora in corso. Una notizia smentita dall’Isis, con alcuni testimoni che hanno detto a SkyNews online di aver visto il jihadista ferito, ma vivo, in ospedale. L’ospedale che però è stato chiuso, cosa che accade solo quando un jihadista di alto livello viene ucciso.
Peter Cook, portavoce del Pentagono, ha dichiarato:
“Stiamo valutando i risultati dell’operazione di questa notte e daremo informazioni più precise non appena potremo”.
Un alto funzionario ha aggiunto che il drone avrebbe colpito un’auto sulla quale viaggiavano Jihadi John, alias dell’inglese Mohamed Emwazi nato in Kuwait nel 1988 e arrivato a Londra all’età di 6 anni, e altri membri del gruppo di assassini che si fa chiamare i ‘Beatles’ per via dell’origine britannica, ma non ha voluto fornire altri dettagli. La notizia dell’uccisione di Jihadi John, responsabile delle esecuzioni di diversi ostaggi, ha precisato la Cnn,
“non può essere assolutamente confermata ufficialmente perché non ci sono né truppe né personale di intelligence a Raqqa, in Siria, dove è stato effettuato il raid”.
Dopo l’annuncio degli Stati Uniti, fonti dell’Isis hanno fatto sapere che Jihadi John non sarebbe morto, ma ferito e ricoverato in ospedale, come riferito da alcuni testimoni oculari a Raqqa . Sebbene la linea ufficiale dell’Isis sia che Mohammed Emwazi è sopravvissuto, la gente del posto ha riferito a SkyNews che l’ospedale locale è stato chiuso al pubblico e secondo le stesse fonti questo accade solo quando un militante di alto livello è stato ucciso.
Jihadi John è arrivato con la sua famiglia a Londra quando era ancora bambini, si è laureato in informatica ed è diventato uno degli uomini più ricercati al mondo dopo il video della decapitazione del giornalista americano, James Foley, nell’agosto dello scorso anno. Poi ci fu quello del reporter Usa, Steven Sotloff, dell’operatore americano Abdul-Rahman Kassig, dei britannici David Haines e Alan Henning e del giornalista giapponese Kenji Goto.
Nei video dove annunciava le macabre esecuzioni degli ostaggi stranieri è sempre comparso con il volto coperto da un passamontagna, completamente vestito di nero e con un coltello in mano. Un anno dopo l’esecuzione di James Foley, il boia viene identificato; mesi dopo i giornali britannici pubblicano una foto con il suo vero volto. E i dettagli sul suo passato, lui a cui la Cia ha dato la caccia per mesi, scrive Guido Olimpo sul Corriere della Sera:
“Da mesi le forze americane, insieme a quelle britanniche, hanno condotto una lunga caccia per individuare Emwazi. Non un quadro importante nella gerarchia Isis ma certamente una figura dal grande peso propagandistico. Un «inglese» arruolatosi sotto la bandiera nera e capace di sfidare con i suoi gesti crudeli il mondo intero. Le operazioni per colpire personaggi come Jihadi John sono state gestite dalla Cia insieme al Comando operazioni speciali di Fort Bragg. Attività condotto su un doppio livello dove gli agenti raccolgono dati, usano gli informatori, cercano di stringere la rete attorno al target. Poi passano la mano al Pentagono che si muove con i droni, arma indispensabile in quanto in grado di restare in volo per ore e pronta a sganciare un ordigno nel caso il bersaglio sia individuato. Una catena che ha permesso agli Usa di neutralizzare molti esponenti di primo piano del Califfato. Se il missile Hellfire ha fatto centro vuol dire che a terra qualcuno ha “designato” con precisione l’obiettivo, segnalandone il rifugio o gli spostamenti. Un successo prima di intelligence e poi militare”.